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al testo di Amina Narimi
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I vestiti impregnati d’acqua, ricordo. Quel mattino non fu facile con le ossa delle mani guardare dentro, dentro il ventre del mandorlo aprire una breccia, con morbida potenza, con l’urto delle cose, dei giorni producono scintille come pietre sbattute insieme, per vedere la luce dove l’ombra è più densa, e tutta la dolcezza fatta piena accoglie e lega i luoghi interni col mare della mente
Dove pulsa, in segno di benedizione, l’armonia, ho bisogno ancora di una madre, in questa notte, e una preghiera per rannicchiare il viso dall’esercizio del lavoro fino a sera, una speranza: rimani un po’ con me, con le scarpe in mano, e il silenzio quando viene nella casa vecchia al mare asciugheremo quei vestiti insieme
portando a velo d’acqua il nostro peso tornerà per terra, come un giacimento, sbucheranno dolci, i gigli bianchi, e d’improvviso prepareremo qualcosa che somiglia alla nostra canzone per l’estate, per ogni giorno. Non va perso niente- dall’interno del corpo, è carne vera il suono che trionfa -nella sua storia d’amore con l’immenso. |
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